In fiamme

Era nata cadendo. Non che fosse caduta dalle gambe di sua madre e avesse sbattuto la testa, ma aveva rischiato di farlo. L’aveva salvata una donna che non sarebbe dovuta essere lì: le piaceva pensare che il Fato avesse deciso di volerle bene in quel momento, ora che caduta lo era per davvero e aveva la giacca sporca di pioggia e di fango. Non sapeva dire in tutta sincerità come fosse inciampata, se fosse stato un singhiozzo dell’asfalto, o se lo sgambetto se lo fosse fatta da sola. Si accarezzò le mani e una striscia nera di terra le disegnò un bracciale attorno al polso. I fogli sparsi attorno a lei sembravano delle lenzuola spiegazzate, su cui si era addormentata per sbaglio e  dove aveva finito per lasciarci l’anima, in lettere nere quanto quella riga di fango sulla mano. Nessuno la aiutò e lei guardando il cielo si chiese dove fosse quel Fato che l’aveva raccolta, mentre la camicia stirata non era altro che un lontano ricordo.

«Sei in ritardo, e sei lercia» E tu sei un po’ stronzo.

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